Chiarugi e la ‘Fatal Verona’, i ricordi di ‘cavallo pazzo’

Intervista a Luciano Chiarugi, i suoi ricordi della Fatal Verona e degli anni al Milan


Mai fidarsi nel calcio delle “pure formalità”. Potrebbero nascondere sabbie mobili o secche improvvise in grado di fare arenare anche i lupi di mare più preparati. La domenica della “Fatal Verona” (20 maggio 1973) fu un buco nero che inghiottì il Milan di Nereo Rocco che vide svanire lo scudetto della Stella.

Una delusione dall’intensità senza eguali, disfatta di Istanbul a parte nel 2005. Luciano Chiarugi, uno dei protagonisti rossoneri della stagione 1972/73, ricorda i tratti salienti di quell’annata.


Chiarugi festeggia assieme ai compagni la conquista della Coppa delle Coppe

Ad un passo dal traguardo

“Quel Milan – ricorda Chiarugi – era un’autentica macchina da gol. Ci venne a mancare la ciliegina sulla torta, quella stella già sfuggita l’anno precedente”.

La trasferta scaligera per l’epilogo di campionato fu preceduta dalla finale di Coppa delle Coppe a Salonicco, decisa da un calcio piazzato proprio di Chiarugi contro gli inglesi del Leeds.

“Resistemmo ad un assedio, preludio della disfatta di Verona. Quel giorno lo stadio Bentegodi era sfolgorante di vessilli rossoneri. Dopo la trasferta greca, il Paron ci portò in ritiro a Peschiera. Ci dissero che il presidente Buticchi avevo chiesto il rinvio della partita di un giorno e che la richiesta era stata respinta.

“Arrivammo a Verona consapevoli di essere ad un passo dal trionfo. Trovammo gli avversari, senza più ambizioni di classifica, al massimo della motivazione. I gialloblù giocarono con una determinazione massima pur essendo già in salvo. Si parlò del presidente scaligero e della sua concessionaria Fiat”.


La Fatal Verona

Dal possibile vantaggio alla disfatta

“Nei primi dieci minuti, il Milan sprecò due occasioni da gol con Rivera e Bigon. “Fu quella, forse, la svolta. – sottolinea Chiarugi – Subito dopo beccammo due gol assurdi che ci paralizzarono psicologicamente. Quei novanta minuti furono da travaso di bile. Pazzesco.

“Speravamo almeno di avere la chances di disputare lo spareggio per lo scudetto contro la Juventus che, invece, vinse nel finale, a Roma, con un gol di Cuccureddu. La difesa giallorossa si aprì come il fiume Giordano. La beffa fu completa”.

“Dalle sintesi televisive percepimmo un dato: la resistenza romanista contro la Vecchia Signora era andata scemando nella ripresa dopo un primo tempo ben giocato. Dettagli che aumentarono la nostra delusione. Fu quello il momento calcisticamente più triste della mia carriera”


Luciano Chiarugi e Nereo Rocco

Il Paron avrebbe meritato la soddisfazione della Stella

Eppure quella stagione fu tra le migliori della carriera di Luciano Chiarugi, caponannoniere in Coppa delle Coppe. “Sentivo la grandissima fiducia di Rocco nei miei confronti. Di quella stagione mi torna in mente anche lo straordinario rapporto con il dottor Monti e Scotti”.

Sul resto della sua avventura in rossonero, scudettato con la Fiorentina nel ’69, Chiarugi aggiunge:

“Ripensando ai miei anni in maglia rossonera, provo ancora la grande gioia per aver giocato in una squadra dalla storia gloriosa, contribuendo ad arricchirne l’albo d’oro. Senza Verona tutto sarebbe stato più bello, avremmo vinto il titolo. La Stella rimarrà il grande cruccio del Paron che meritava più di tutti di conquistare il decimo titolo”.

“I miei anni milanisti li custodisco tra i miei ricordi più belli”.

Sergio Taccone