Ferdinando Valletti, dal campo di calcio alla prigionia

Nella giornata della memoria, ricordiamo la storia di Nando Valletti mediano del Milan negli anni ’40. Grazie al calcio riuscì a sopravvivere ai lager nazisti aiutando nel contempo tanti sventurati compagni di prigionia.

Ferdinando Valletti nacque a Verona nel 1921 e fu un giocatore del Milan nei primi anni 40. Prelevato dal Seregno, indossò la maglia rossonera per due stagioni. Il suo nome finì nei tabellini di alcune partite amichevoli, complice qualche problema di troppo ad un ginocchio.

Accusato di ‘volantinaggio sgradito’ sarà spedito nel lager di Mauthausen

La vita di Valletti cambiò nel marzo del 1943. Accusato di aver fatto volantinaggio durante uno sciopero allo stabilimento milanese dell’Alfa Romeo, fu arrestato e condotto al carcere di San Vittore, tappa intermedia prima della deportazione nel lager nazista di Mauthausen e successivamente in quello di Gusen dove fu liberato dagli americani nel maggio del 1945. In quel campo condivise la prigionia con il pittore milanese Aldo Carpi (che lo citerà più volte nel suo “Diario di Gusen”). Quello di Valletti è stato un cammino di dolore, sofferenza e speranza, portato a conoscenza grazie alla figlia Manuela, venuta al mondo quando il calvario del padre era appena cominciato. Dodici anni fa è stato pubblicato il libro “Deportato I57633 – Voglia di non morire”, dal quale è stato tratto un documentario di Mauro Vittorio Quattrina.

Dal campo di calcio al lager

L’inizio del viaggio verso l’inferno dell’abominio concentrazionario cominciò da quello sciopero all’Alfa Romeo. Ferdinando aveva accettato di correre il rischio di divulgare tra gli operai i volantini con le ragioni di quella manifestazione. Era uno che se la cavava molto bene con i libri, conseguendo il diploma di perito industriale che in futuro gli avrebbe fatto trovare un lavoro, fino a diventare dirigente dell’Alfa Romeo. Fece parte della Brigata Garibaldi, sgradito ai fascisti che lo avevano seguito in tutti i suoi movimenti durante i giorni precedenti lo sciopero, Valletti venne arrestato nella sua casa milanese. “Scenda per semplici accertamenti”, dissero gli sgherri incaricati di fermarlo andando a casa sua. A San Vittore arrivò in ciabatte, poi fu messo su un treno in partenza dal “Binario 21”, direzione Mauthausen. Da un campo di calcio passò alle cave di un campo di sterminio.

Ferdinando Valletti il primo da destra con la borsa in mano

Il calcio lo salvò, aiutò tanti compagni di prigionia

Il calcio gli salvò la vita. Le SS del campo, infatti, erano solite organizzare partite amichevole per aumentare lo spirito “cameratesco”, per dare calci anche ad un pallone e non solo a degli esseri umani. Ad una squadra mancava il mediano. A segnalarlo fu un Kapò che si ricordò di quell’italiano “targato” I57633. Valletti pesava appena 39 kg ma raccolse tutte le sue forze per rispondere alla convocazione che gli avrebbe consentito di diventare “sguattero”, ovvero addetto alla distribuzione delle scorze di patata per i prigionieri.

La promozione a sguattero consentì a Valletti di aiutare parecchi prigionieri con gli scarti dei pasti delle SS. La libertà arrivò il 5 maggio del ’45. Giunse a casa in condizioni pietose, dieci mesi dopo la nascita della figlia. Cinque anni dopo tornò, con alcuni colleghi dell’Alfa, a Mauthausen. Nel 1947 venne insignito della Medaglia Garibaldina al valore militare e del “Brevetto di Partigiano Combattente”.

Nando ha incontrato tanti giovani ai quali ha raccontato quella triste esperienza

A mezzo secolo di distanza da quegli eventi, Valletti decise di togliere il velo sulla sua terribile esperienza, raccontandola ai ragazzi attraverso incontri a scuola che registrarono un grande seguito. Nel febbraio 1976 venne insignito dell’Ambrogino d’oro dal sindaco di Milano Aldo Aniasi, tre anni dopo, su iniziativa del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, divenne “Maestro del Lavoro”.

Morì nel 2007. La figlia Manuela, giornalista e scrittrice, tifosa del Milan, ha fatto conoscere la storia del padre in numerosi incontri con gli studenti delle scuole superiori. La storia di Nando, capace di resistere alle atrocità del lager, è stata tramandata alle nuove generazioni. “Il fatto di essere stato un giocatore del Milan e di sapersi destreggiare con la palla, alla fine gli ha salvato la vita” ha più volte sottolineato la figlia Manuela Valletti. Ferdinando Valletti, piedi da mediano e cuore da fuoriclasse.

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