Gianni Rivera, il primo “Pallone d’oro” italiano

Nel dicembre 1969, al numero dieci rossonero venne assegnato il prestigioso riconoscimento da France Football. Al secondo posto si piazzò Gigi Riva, staccato di soli 4 voti. Terza il tedesco Muller.

di Sergio Taccone

L’ultima edizione degli anni 60 del Pallone d’Oro parlò italiano. Fu un testa a testa a decidere la quattordicesima edizione del prestigioso riconoscimento, assegnato dalla rivista francese France Football. Prevalse Gianni Rivera con appena quattro voti in più del cagliaritano Gigi Riva. Ventisei giurati, provenienti da altrettanti Paesi europei, scelsero di assegnare il titolo di miglior giocatore europeo al fuoriclasse rossonero, campione d’Europa e Intercontinentale con il Milan.

A Rivera andarono 83 preferenze, Gigi Riva si fermò a 79. Terzo, a notevole distanza, il tedesco Gerd Muller, in forza al Bayern Monaco, attestatosi a 38 punti. A seguire l’olandese Johan Cruijff e lo svedese Ove Kindvall. Nell’edizione ’69 del Pallone d’Oro il Milan piazzò in classifica anche Pierino Prati (ottavo) e Angelo Benedicto Sormani (quindicesimo).

Rivera alza il Pallone D’Oro

Per Rivera, allora ventiseienne, fu il coronamento di due stagioni straordinarie con il Milan guidato da Nereo Rocco. Dopo la conquista dello scudetto nel ’68, al termine di un campionato dominato dall’inizio alla fine, i rossoneri alzarono al cielo la Coppa delle Coppe (nella finale contro l’Amburgo decisa da una doppietta di Hamrin) e, un anno dopo la seconda Coppa dei Campioni della storia rossonera, sei anni dopo il trionfo di Wembley.

A Madrid, contro l’Ajax, il “Golden Boy” fu il trascinatore, autore di assist al millimetro per Pierino Prati e dispensatore di giocate sontuose. Pierino e Gianni: il braccio armato e la mente. La Coppa Intercontinentale nella drammatica trasferta agentina contro l’Estudiantes, completò il periodo d’oro del Diavolo di fine anni 60.

Il pallone d’oro fu la ciliegina di quel biennio indimenticabile per i colori rossoneri, condotti dal Paron in cima al calcio mondiale. Gianni, figlio di Edera e del ferroviere Teresio, ottenne il titolo più prestigioso per un giocatore. L’albo d’oro del Pallone d’Oro includeva il gotha del calcio mondiale: Stanley Matthews, Alfredo Di Stefano, il francese Kopa, Luis Suarez, l’italo-argentino Sivori, il cecoslovacco Masopust, Law, Eusebio, Charlton, l’ungherese Albert, George Best e il portiere Jascin che nel ’63 precedette proprio Rivera.

Dal giorno del suo arrivo al Milan, accompagnatro da Franco Pedroni, l’ex giocatore del Milan che lo portò in prova alla squadra rossonera, erano passati dieci anni. Pepe Schiaffino rimase subito incantato dal giovinetto di Alessandria ed il Milan lo prese subito, lasciandolo in prestito al club piemontese per una stagione. Costo dell’operazione: 60 milioni di lire più la cessione di tre giocatori.

Pochi giorni dopo la conquista del Pallone d’oro, Rivera e Riva si ritrovarono avversari in campo, in un Cagliari-Milan, scontro al vertice che si concluse in parità, 1-1. Proprio Riva fiormò la rete ospite, per i rossoneri andò a segno Prati. La consegna del trofeo di France Football avvenne pochi mesi dopo, nell’aprile ’70, prima del calcio d’inizio della sfida di ritorno in campionato tra rossoneri e rossoblù. 

Rivera e Riva

Gianni Rivera è considerato tra i giocatori più forti di tutti i tempi. Il 17 novembre ‘73, nella conferenza stampa prima di Inghilterra-Italia, la partita della prima vittoria in terra d’Albione della nazionale azzurra, il Ct inglese Alf Ramsey, ad un giornalista che gli chiedeva di indicare i quattro più forti calciatori italiani, rispose: “Rivera, Rivera, Rivera e Rivera”.

Dell’ex “Golden Boy” si è scritto che non ha avuto predecessori e non ha lasciato eredi. L’eleganza negli ultimi venti metri, la sua intuizione nel creare un assist smarcante, unite a tante altre caratteristiche tecniche, hanno fatto di Rivera un campione di valore assoluto.

Walter Tobagi, in un pezzo pubblicato sul settimanale “Milan-Inter” negli anni 60, scrisse del Golden Boy: “Un giornale aveva pubblicato un lungo pezzo: romanticherie stile demodé, ironia sottile. E giù, di seguito, una lista di definizioni ingegnose, pensate forse in notti di insonnia: principe degli abatini, nonnino rossonero, filosofo della fluidificazione, D’Annunzio del dribbling. Ce n’è per tutti i gusti. Come nei baracconi, dove il maitre urla: ‘venghino signori venghino’. E Gianni come reagisce? Non legge i giornali prima della partita”.