12 maggio 1982, il Milan, 4 giorni prima di retrocedere in B, si aggiudica la Mitropa Cup, ai danni del Vitkovice.
“Ci sono tifosi del Milan che all’epoca non erano ancora nati oppure erano troppo piccoli per ricordarsi di quella stagione e ci sono tifosi che, pur essendo all’epoca in età tale da ricordarsi, fanno finta di essersi dimenticati di quella stagione. Per fortuna ci sono tifosi veri che si ricordano anche degli anni bui e ne vanno fieri”. L’affermazione di Gianfranco Giordano, tifoso rossonero doc, si riferisce alla stagione 1981/82.
Un’annata che portò la retrocessione in B, quella maturata sul campo. Quattro giorni prima del pomeriggio di un giorno da cani del 16 maggio ’82, i rossoneri conquistarono la Mitropa Cup.

La sfida decisiva a San Siro con il Vitkovice
Quella edizione della Coppa dell’Europa Centrale, un tempo la regina dei trofei internazionali riservati a squadre di club, mise di fronte le quattro squadre vincitrici dei campionati di B in Italia, Jugoslavia, Cecoslovacchia e Ungheria. Girone all’italiana.
Il cammino rossonero partì da Ostrava nell’ottobre ’81, con il diavolo sconfitto nel finale (2-1 contro il Vitkovice). Con il campionato che prendeva una piega nefasta per il Milan, impantanato nei bassifondi della classifica, la Mitropa Cup proseguì tra la vittoria netta contro l’Haladas (2-0), compagine ungherese con i colori sociali delle ferrovie magiare.
In terra jugoslava, sul campo dell’Osijek, fu pareggio, con un’altra rete subita dal portiere Piotti quasi allo scadere (1-1). Il Milan entrò in corsa per la vittoria finale nella seconda parte del trofeo. Piegati Haladas (0-1 in trasferta) e Osijek (2-1 a San Siro), la sfida decisiva fu quella contro il Vitkovice, giocata a San Siro il 12 maggio ‘82.
In finale di Coppa ma con la testa al campionato
Prima di pensare al Cesena e ad una vittoria da centrare per poter ancora sperare in una difficile salvezza, arrivò l’ultimo impegno in Mitropa Cup. Il trofeo dell’Europa Centrale era a portata di mano. Bastava vincere in casa contro il Vitkovice per alzare al cielo la coppa.
Si puntò sul recupero di Squalo Jordan. Il diavolo rossonero non sapeva più a quale santo rivolgersi per uscire da una situazione quasi da coma irreversibile in campionato. All’atto conclusivo della Mitropa Cup arrivò un Milan in piena emergenza.
Il tecnico rossonero Galbiati schierò Tassotti nel ruolo di stopper, all’ala destra venne impiegato il giovane Cambiaghi con Jordan unica punta. I cecoslovacchi, per arrivare a Milano, si sobbarcarono un massacrante viaggio in pullman di quasi ventinove ore. Questioni di budget imposero alla squadra di Ostrava di evitare il trasferimento in aereo.
Oltretutto, l’autobus noleggiato era persino sprovvisto di aria condizionata. Malgrado un viaggio da tregenda, già alle 7 del mattino, i cecoslovacchi si fecero trovare regolarmente in campo per la rifinitura di allenamento.
La sera prima del match, uno sciopero degli automezzi pubblici, bloccò i cecoslovacchi durante lo shopping per le vie di Milano. Dopo aver percorso mezza città a piedi, arrivarono a Milanello, la mattina della partita, con mezzi di fortuna. «La Mitropa è una consolazione, – disse Farina – a noi interessa il campionato. La partita contro i cecoslovacchi è una possibilità per Galbiati di tenere sotto pressione la squadra e di condurla al ritiro di Rimini ben preparata».

Una vittoria facile per i rossoneri di Galbiati
Il Milan non trovò difficoltà a piegare il Vitkovice. Novellino in cabina di regia, con la fascia di capitano al braccio in assenza di Collovati, distribuiva tanti palloni per il reparto offensivo. In campo si rividero Moro e Jordan, sulle ali fu impiegato anche il giovane Evani, classe ‘63.
Un colpo di tacco di Novellino liberò Maldera che, entrato in area, venne atterrato da Moravcik. L’arbitro, lo jugoslavo Vlaijc, assegnò il rigore trasformato da Baresi con una gran botta a fil di traversa.
La bella serata portò a San Siro 15 mila spettatori. Nel Vitkovice brillò il giocatore più rappresentativo, il nazionale Gajdusek, che con una botta da lontano sfiorò il palo. Nella rpresa, un bolide di Cambiaghi da ventri metri sorprese il portiere avversario: pallone sotto l’incrocio dei pali. Un gran gol!
Il terzo gol arrivò ancora su rigore, per atterramento di Battistini. Nei pressi del dischetto si presentò nuovamente Baresi ma dalla panchina giunse l’indicazione di far tirare il penalty a Jordan. Lo Squalo battè Zapalka e fu il 3-0 finale, salutato con un boato proveniente dalle tribune.

Sei anni dopo il Milan vincerà lo scudetto preparandosi a salire sul tetto del mondo
Dalla Curva Sud si udì il grido di speranza: “Resteremo in serie A”. Epilogo di una festa surreale. La mannaia retrocessione, incombente sui rossoneri, si sarebbe materializzata quattro giorni dopo. «Per una sera – scrisse la Gazzetta dello Sport – il Milan ha ritrovato l’ardore e il coraggio di lottare per novanta minuti e ha dato ai fedelissimi tifosi rossoneri la soddisfazione di vincere un trofeo internazionale».
Dalle colonne della Rosea, Alberto Cerruti parlò di un Milan capace di riassaporare la gioia per la conquista di un trofeo internazionale, nove anni dopo la Coppa delle Coppe vinta a Salonicco contro il Leeds. Il 12 maggio può essere indicato come il giorno del ricordo del Piccolo Diavolo.
Sei anni dopo, nello stesso stadio, il Milan avrebbe festeggiato l’undicesimo scudetto, trampolino di lancio verso la gloria internazionale. Dopo il venerdì santo, c’è sempre la domenica di pasqua. Chi rinnega la Mitropa Cup è da prima elementare in tema di fede calcistica rossonera.
Sergio Taccone
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Giornalista e milanista Doc, tra i maggiori conoscitori della storia rossonera, è autore di 13 libri sul Milan. Con Storie Rossonere ha pubblicato tra gli altri: Joe Jordan – Lo Squalo del Milan; Le stagioni del Piccolo diavolo; Milan 3000 e il Grenoli. Ha ricevuto il premio Maria Grazia Cutuli nel 2009 e il premio Coni Letteratura Sportiva nel 2011. Più volte nella Top Ten Amazon nella categoria libri di sport.