Luciano Chiarugi, il signor Provvidenza

Ala ad alto tasso di estro, dotato di un dribbling ubriacante che riusciva a mandare spesso il pubblico in visibilio, capocannoniere di Coppa delle Coppe, decisivo anche nella finale di Salonicco contro gli inglesi del Leeds, il Paron lo soprannominò Provvidenza: nei momenti complicati il suo guizzo diventava risolutore.

di Sergio Taccone

Nell’estate di mezzo secolo fa, Luciano Chiarugi (75 anni lo scorso 13 gennaio) fu il colpo di mercato più rilevante messo a segno dal Milan. Al vertice della società rossonera, nel luglio ’72, era arrivato il presidente Albino Buticchi. Da tempo l’imprenditore spezzino deteneva il pacchetto societario di maggioranza del club milanista. L’ex attaccante viola, all’epoca venticinquenne, venne soffiato all’Inter di Fraizzoli che aveva già raggiunto l’accordo con la Fiorentina. L’arrivo di Chiarugi completava una rosa che poteva già contare su Albertino Bigon, Romeo Benetti, Pierino Prati e, naturalmente, Gianni Rivera. Il repertorio tecnico dell’ex attaccante viola era variegato: grande attitudine nei dribbling, capace di guizzi repentini e scatti fulminei. 

Chiarugi prediligeva anche le conclusioni di forza e precisione o con scelte ad effetto. Doti da campione che non bastarono a garantirgli in nazionale lo spazio che avrebbe meritato. Originario di Ponsacco, comune della provincia di Pisa dalla notevole valenza storica, Chiarugi vestì il rossonero nel pieno della sua carriera che gli aveva già riservato la grande soddisfazione dello scudetto conquistato nel ’69 con la Fiorentina di Petisso Pesaola, al termine di una stagione da applausi. La storia tra Luciano e la squadra viola si era conclusa tre anni dopo. La mossa decisiva che lo portò al Milan  la mise a segno Buticchi. Chiarugi ebbe così l’occasione per dimostrare il suo valore, giocando in una delle società più prestigiose del calcio mondiale, confermando i grandi traguardi che gli aveva predetto, qualche anno prima, il presidente viola Baglini. 

Ala ad alto tasso di estro, dotato di un dribbling ubriacante che riusciva a mandare spesso il pubblico in visibilio, Chiarugi apportò notevoli risorse tecniche nell’attacco milanista. La ciliegina sulla torta per puntare al titolo. Con Nereo Rocco il feeling fu immediato. Luciano dava del lei al Paron, una deferenza sincera verso un maestro di football e di vita. Il tecnico triestino lo soprannominò Provvidenza dal momento che nei momenti complicati il guizzo di Luciano da Ponsacco diventava risolutore. La prima squadra a farne le spese fu il Palermo, spazzato all’esordio in campionato in un pomeriggio soleggiato e davanti al pubblico di casa. 

In quel Milan, che perse lo scudetto nella fatal Verona, spiccavano anche altri grandi giocatori, tra cui il panzer tedesco Schnellinger e Roberto Rosato. L’annata 1972/73 fu una delle migliori nella carriera di Chiarugi in gol già all’esordio contro il Palermo a San Siro. Il bis giunse a spese dell’Atalanta, nella partita in cui i rossoneri rifilarono nove reti agli orobici. Quel Milan si rivelò un’autentica macchina da gol a cui venne a mancare la consacrazione della conquista della stella. 

“La prima volta che incontrai Rocco fu a Coverciano. – ricorda Luciano Chiarugi in un’intervista al quotidiano Avvenire – Il Paron rimase colpito dalla mia magrezza, causata da una forma di gastrite nervosa. Rocco fece un sorriso dei suoi, con tanto di battuta in triestino. Mi garantì che al Milan avrei trovato una famiglia capace di rigenerarmi. Ed ebbe ragione. Con lui il feeling fu immediato, io gli davo del lei per una forma di deferenza sincera verso un vero maestro di calcio e di vita. Il suo volto rabbuiato negli spogliatoi di Verona, il 20 maggio 1973 ancora oggi mi procura tristezza”. Il primo anno di Chiarugi in rossonero fu strepitoso: dodici reti, tutte su azione, non tralasciando nove pali, cinque gol annullati ed un rendimento molto positivo. 

L’ex viola fu capocannoniere di Coppa delle Coppe, decisivo anche nella finale di Salonicco contro gli inglesi del Leeds, nella partita in cui Vecchi parò l’impossibile. Chiarugi ha rivelato che il suo gol su punizione nacque da un presentimento. “Misi la palla sul punto di battuta, chiesi a Rivera di farmi provare il tiro. Mi sentivo il piede caldo. Dissi a Gianni di voler tirare forte sul portiere e mi andò bene.  Sentivo la grandissima fiducia di Rocco nei miei confronti. Di quella stagione mi torna in mente anche lo straordinario rapporto con Monti e Scotti. Peccato per l’epilogo di campionato e per il mio gol, regolarissimo, annullato contro la Lazio da Lo Bello”.

Chiarugi in nazionale

Una rete diventata quasi un’ossessione: il cross di Zignoli, la “spizzata” di testa di un laziale, lo stop e la conclusione alle spalle di Pulici di Chiarugi con conseguente corsa all’impazzata per il pareggio in extremis. Un pari che avrebbe potuto dare al Milan l’abbrivio decisivo verso il meritato titolo. “Fuorigioco? Impossibile. Ero certo di essere partito in posizione regolare e non per una questione di centimetri.”, dirà Chiarugi quattro anni fa, ricordando quell’episodio epocale nella storia della serie A. 

La conquista dello scudetto avrebbe suggellato la prima annata in rossonero di Chiarugi, cominciata con qualche patema ma proseguita molto bene. Due mesi dopo la fatal, nella finale di Coppa Italia disputata domenica 1 luglio ’73, ci fu la parziale rivincita contro la Juventus, reduce dalla finale di Coppa Campioni persa a Belgrado contro l’Ajax di Cruijff, battuta dai rossoneri dopo i calci di rigore.

“Con la Juve, che ci aveva soffiato il titolo al fotofinish, ci prendemmo la rivincita nella finale di Coppa Italia. – ha aggiunto Chiarugi nell’ottobre 2018 – Il nostro pareggio, su rigore di Benetti, scaturì da un fallo ai miei danni. Il penalty ci stava ma gli juventini protestarono, soprattutto Zoff a cui non sono mai stato simpatico forse perché riuscivo a metterlo quasi sempre in difficoltà. Nella lotteria dei rigori, oltretutto, gli feci gol. Mi è dispiaciuto essere definito nella sua biografia come una sorta di rompiscatole. Un livore che mi ha dato fastidio”. 

Lo score rossonero di Chiarugi comprende 155 presenze e 60 gol, uno direttamente dalla bandierina del corner. Dopo lo scudetto mancato nel ’73, la parabola di quel Milan prese la direzione discendente, con le tre stagioni successive non all’altezza della ‘72/73. Nel ciclo rossonero di Luciano Chiarugi mancò lo scudetto, grande cruccio del ParonCavallo Pazzo lasciò il Milan al termine della stagione 1975/76, passando al Napoli. “Guardando il mio bicchiere di calciatore, la parte piena resta in netta prevalenza rispetto a quella vuota. I miei anni milanisti li custodisco tra i miei ricordi più belli”.