L’ultima partita del Divin Codino

16 maggio 2004, Roberto Baggio esce dal campo per l’ultima volta. Finisce un’era calcistica.

Quel Milan-Brescia non aveva più niente da dire alla classifica, con i rossoneri campioni d’Italia da due settimane e il Brescia già in salvo, evitando la consueta bagarre dell’ultima giornata. La partita, disputata il 16 maggio 2004, vide il successo del rossoneri grazie alla doppietta di Tomasson e alle reti di Shevchenko e Rui Costa.

Le rondinelle andarono a segno due volte con Matuzalem. Il momento più importante si registrò a 6’ dal termine: Roberto Baggio usciva per l’ultima volta dal campo, il tecnico De Biase a concedergli la “standing ovation” che gli oltre 77 mila di San Siro gli tributarono, come si addice a chi ha scritto pagine indelebili di storia calcistica. Un applauso lungo che suscitò brividi tra i presenti. La “Scala del Calcio” come il palcoscenico migliore dell’epilogo di carriera.

Tutto in clima di festa e malinconia per l’addio ad un fuoriclasse capace di superare gli angusti confini temporali della contemporaneità per entrare nel ristretto gruppo di campioni in grado di scrivere pagine indimenticabili di football.

L’abbraccio tra Baggio e Maldini

Dalle notti magiche alla finale di Pasadena

Il palo negò a Baggio la gioia dell’ultimo gol, con Abbiati ormai battuto. Furono suoi gli assist per la doppietta bresciana. Al momento dell’uscita gli occhi gli divennero lucidi mentre si sfilava la fascia per poi abbracciare il capitano rossonero Paolo Maldini, altra leggenda calcistica ancora in attività in campo quella domenica.

Il suo fisico, le ginocchia tartassate da tanti infortuni, ne imposero l’addio al calcio. Venne abbracciato da tutti, compresi fotografi e addetti alla sicurezza. Qualcuno lo associò a quello di Michael Jordan, giusto un anno prima. Baggio lasciava dopo 604 partite e 278 reti, avendo indossato le maglie di Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia, oltre alle presenze in azzurro, con il culmine toccato a Pasadena, nella finale persa contro il Brasile dove il Divin Codino sbagliò l’ultimo rigore.


Nella finale di Coppa del Mondo contro il Brasile Baggio sbagliò il calcio di rigore. L’addio dopo 604 partite e 278 reti e dopo aver indossato le maglie di Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia


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In precedenza c’erano state le “notti magiche” di Italia 90 con il sogno spezzato, anche in quel caso dopo la lotteria dal dischetto, sia pur in semifinale, contro l’Argentina di Maradona. In nazionale il suo cammino si fermerà al quasi gol contro i padroni di casa della Francia nel 1998, la sua ultima presenza in Coppa del Mondo. Poi era stato messo da parte, in un calcio dove fantasia e classe diventavano pesi piuttosto che pregi. Zoff e Trapattoni lo esclusero dagli Europei 2000 e dal Mondiale 2002.

Con il Milan vinse lo scudetto del 1996

Al Milan, Roby Baggio rimase per due stagioni, vincendo lo scudetto nel 1996. Prelevato dalla Juventus, esordì in rossonero nella vittoriosa trasferta di Padova di fine agosto ’95. L’addio alla Vecchia Signora era stato preceduto da contrasti con Umberto Agnelli sul prolungamento del contratto. L’accordo con il Milan fu preceduto dalle proteste dei tifosi bianconeri.

Nel suo primo anno rossonero partì titolare, sostituito spesso dal tecnico Fabio Capello, lo stesso che lo avevo fortemente voluto in rosa. L’anno seguente, con l’allenatore uruguaiano Oscar Tabárez, Baggio partì titolare e con un buon rendimento nelle prime partite stagionali. L’annata del diavolo prese una piega negativa, con Tabarez esonerato, Sacchi richiamato in panchina e la squadra elimintata al primo turno di Coppa dei Campioni dopo la clamorosa sconfitta interna contro i norvegesi del Ronsenborg.

Con il nuovo allenatore emersero vecchie ruggini legate al mondiale ’94 e, ancor più, alla mancata convocazione agli Europei 1996. Nel febbraio ‘97, dopo l’ennesima esclusione dall’undici titolare, Baggio si sfogò sulla stampa contro il tecnico. Rifiutò di entrare durante quel Milan-Juventus vinto 6-1 dai bianconeri.

Fu Carmignani a fargli cambiare idea. Con Sacchi si creò un muro contro muro. Presentatosi al raduno estivo milanista, con la squadra affidata al rientrante Capello, capì di non rientrare più nei piani del tecnico e decise di lasciare il Milan dopo 67 presenze e 19 reti.

Roberto Baggio con la maglia del Milan

Tra il sogno e la realtà c’è solo il duro lavoro

Sarebbe dovuto passare al Parma ma Ancelotti disse subito che i suoi schemi non prevedevano il fantasista mentre Enrico Chiesa preannunciava un suo trasferimento se Baggio fosse arrivato nella squadra della città ducale. Alcuni anni dopo, Ancelotti si dichiarerà pentito di aver rinunciato al talento di Baggio. Per agganciare il treno per il Mondiale del ’98 accettetà la proposta del presidente del Bologna, Giuseppe Gazzoni Frascara, che si mise in aperto contrasto con il suo allenatore Ulivieri pur di portarlo nella squadra felsinea.

Il suo cammino calcistico è stato pregno di discese e risalite. “Non credete a ciò che arriva senza sacrificio. Non fidatevi, è un’illusione. Lo sforzo e il duro lavoro costruiscono un ponte tra i sogni la realtà”. Parola di Roby Baggio.

Sergio Taccone