Ricordo di Oreste Del Buono, milanista vero

A Oreste del Buono classe 1923, giornalista e scrittore, nel “Milan Cultural Club” spetta un posto di primo piano. La sua carriera iniziò al fianco di Guareschi e Fellini.

«Giornalista sei giorni su sei. La domenica: Milan. Che è una fede. L’ho scelto quand’era derelitto». E’ una delle più belle dichiarazioni d’amore di Oreste Del Buono, – OdB per brevità – giornalista, scrittore, saggista, traduttore, critico letterario e cinematografico, appassionato di fumetti e grande esperto di letteratura francese ma, soprattutto, milanista fino al midollo. Del Buono, nato a Poggio, nella parte occidentale dell’Isola d’Elba, nel marzo del 1923, vestì la maglia rossonera della rappresentativa dei giornalisti milanesi. Le partite si disputavano all’Arena. Studiò a Milano dove visse durante la guerra. Militare di Marina, fu catturato dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43. Seguì un anno e mezzo di prigionia in Germania. La sua carriera ebbe inizio al fianco di Giovanni Guareschi e Federico Fellini, con una vignetta al “Bertoldo” per un compenso di 25 lire.

Dedicò due libri a Gianni Rivera, i due passarono molto tempo assieme, ne nacque una stima reciproca

Balilla e comunista, arruolato in Marina ma senza saper nuotare, Oreste del Buono spiazzante lo è sempre stato, financo nella scelta di abbracciare la fede calcistica rossonera nel pieno del quasi mezzo secolo di digiuno di titoli, con quei lunghissimi 44 anni che passarono tra il terzo ed il quarto scudetto. Più comodo tifare l’Inter di Meazza? Nient’affatto. OdB s’innamorò della maglia rossonera ed ebbe una predilezione per le intuizioni geniali di Gianni Rivera. Al “Golden Boy” alessandrino dedicò due libri: “Un tocco in più” (’66) e “Dalla Corea al Quirinale” del ‘68.

Gianni Rivera ricordò la genesi dei due libri. «Alla presentazione di un libro Rizzoli, il direttore editoriale mi propose di scrivere la mia vita. Avevo 22 anni, mi sembrava presto. Mi disse: “Le presento un grande scrittore”. Incontrai Oreste del Buono, scrivemmo il primo libro, poi, dopo la vittoria all’Europeo, il secondo, io parlavo, lui registrava e scriveva. Passammo molto tempo assieme. Apprezzai l’intellettuale ma soprattutto la persona. Nacque l’amicizia, tanto che anni dopo volli coinvolgerlo nel Milan».

Da sinistra Gianni Rivera, Nereo Rocco, Franco Carraro e Oreste Del Buono

Passato alla scrivania dirigenziale, l’ex numero 10 rossonero affidò a OdB un incarico societario: la cura dei rapporti esterni. All’inizio degli anni 80, l’assetto societario milanista era piuttosto precario e Oreste del Buono si trovò male. Rivera quasi si pentì di averlo coinvolto. Il giornalista rimase appena tre mesi in società come consigliere ed addetto stampa, barcamenandosi in una miriade di beghe interne che rischiarono di fare implodere il Milan tra la fine del 1985 e l’inizio ‘86. «Furono i peggiori mesi della mia vita. – ricordò anni dopo OdB – Il risultato è che da allora, dopo 40 anni, non vado più allo stadio». Diede le dimissioni da consigliere societario. Tuttavia, Oreste del Buono non si è mai dimesso da milanista.

“Il Milan ha perso un grande uomo” le parole commosse di Rivera nel giorno della morte di Del Buono

Alla sua morte, il 30 settembre 2003, pochi mesi dopo la conquista dell’ennesimo titolo europeo – il più bello, contro la Juventus campione d’Italia – Gianni Rivera lo onorò per l’ultima volta: «Il Milan ha perso un grande uomo, – disse Rivera – come quando scomparve Rocco. Anzi, Oreste del Buono era più milanista di Rocco, anche se Nereo ha fatto la storia della società dall’interno». Autoironico e pungente senza mai sfociare nella presunzione, come tutte le menti eccelse, OdB amava definirsi «giornalista di successo e scrittore di medio insuccesso». E rifiutava la definizione di giornalista-scrittore. «Ha senso come definire uno palombaro-ciclista», ricordava. Meglio giornalista e basta.