Altafini: il Milan, Rivera e i ricordi rossoneri

In una recente intervista al Foglio Sportivo, l’eroe di Wembley 1963 ha aperto lo scrigno personale delle memorie calcistiche

Sono passati sessan’anni dalla prima Coppa dei Campioni conquistata dal Milan. Fu anche la prima volta che il trofeo dalle grandi orecchie usciva dal dominio Real Madrid-Benfica che aveva contrassegnato le prime sette edizioni della coppa. «Sono stato ancora una volta un pioniere. Grazie ai miei due gol – ha dichiarato Josè Altafini nell’intervista di Antonello Sette uscita sul Foglio Sportivo il 15 luglio 2023 – per la prima volta una squadra italiana ha alzato al cielo la Coppa dei Campioni. Non eravamo favoriti. Riuscimmo a ribaltare lo svantaggio, maturato nel primo tempo, e a trionfare. Come dissi a caldo, se non fosse stato per i crampi, avrei voluto e potuto segnare anche un terzo gol. In quella edizione della Coppa dei Campioni di gol ne realizzai in tutto quattordici».

La finale di Wembley del 22 maggio 1963 vide in campo il diciannovenne Gianni Rivera, grande artefice di quel successo. «Rivera era un giocatore straordinario. Lui e Roberto Baggio sono stati i più grandi calciatori italiani di tutti i tempi» sottolinea Altafini. Il compagno di squadra a cui era più legato? «Cesare Maldini, il mio capitano. Unico e inimitabile». Dopo aver smentito di essersi nascosto dietro un divano per sfuggire all’ira di Gipo Viani (“Cavolate, inutile parlarne”), l’attaccante di Piracicaba, classe 1938, ribadisce il grandissimo attaccamento verso i colori rossoneri.

«Ho giocato in altre grandi squadre ma il Milan resta qualcosa di speciale. È stato il primo club ad accogliermi in Italia e anche l’ultimo, nel senso che il rapporto con la società e i tifosi non si è mai, neppure a distanza di tanti anni, interrotto. Il Milan è stata la mia vita. Sono arrivato in rossonero che ero ancora un ragazzo e sono diventato un uomo». Indica anche il suo gol più bello: il secondo segnato nella finale di Wembley del maggio ‘63. «Di gran lunga il più importante, il gol dell’apoteosi gol che portò per la prima volta una squadra italiana sul tetto d’Europa. Un delirio che ti resta dentro per sempre».