Dalla “brutta faccenda” del 1982 fino al 1989 con un approfondimento sul gol che regalò al Milan la Coppa Intercontinentale. Vi riproponiamo l’intervista a Chicco Evani rilasciata al giornalista e scrittore Sergio Taccone direttore del progetto editoriale Storierossonere.it e Milan120. (Di Sergio Taccone)
“Il giorno del mio provino con il Milan non c’era nessuno al campo di Linate, tranne Italo Galbiati. Arrivai insieme a Sergio Battistini, mio conterraneo. Galbiati non ebbe bisogno di farci provare in partita. Andò tutto bene e diventammo rossoneri”.
Chicco Evani, intervistato dal giornalista e scrittore Sergio Taccone per il quotidiano Avvenire, ha disputato gran parte della sua carriera calcistica in maglia rossonera. Un percorso che, limitandoci alla prima squadra, è cominciato nell’ottobre 1981.
“Il mio esordio in A avvenne in un Bologna-Milan della stagione 1981/82. Fu uno 0-0 incolore, al termine di una partita scialba. In campo, come avversario, c’era anche Roberto Mancini. Radice mi schierò con il numero 4. Seppi dai giornali che avrei giocato. Quel campionato si concluse con la nostra clamorosa retrocessione, la prima sul campo”.

La Mitropa Cup, conquistata 40 anni orsono, che cosa ti fa venire in mente?
“Ero in campo contro i cecoslovacchi del Vitkovice il 12 maggio ‘82. Son passati 40 anni esatti. Con me c’erano anche Cambiaghi, Icardi e Battistini. Tutti provenienti dal vivaio del Milan come Gadda e Filippo Galli”.
Nel tuo libro “Non chiamatemi Bubu”, scritto con Lucilla Granata, prefazione di Arrigo Sacchi, ricordi la “brutta faccenda” del 16 maggio ’82.
“Già, noi vincemmo 3-2 in rimonta a Cesena ed eravamo salvi. A condannarci alla B fu purtroppo il finale a sorpresa di Napoli-Genoa al San Paolo. Avvenne una cosa assurda: il portiere dei partenopei, Castellini, aveva la palla in mano ma sbagliò clamorosamente la rimessa in gioco, causando un calcio d’angolo. Da quel corner nacque il gol del pareggio genoano, siglato da Faccenda, che condannò il Milan alla retrocessione. Un finale assurdo”.
Hai avuto modo di parlarne con l’ex portiere del Napoli?
“Molti anni dopo. Ritrovai Castellini in nazionale, nel gruppo degli allenatori. Gli chiesi di quell’episodio del maggio ’82 e se ci fosse stato qualcosa di concordato. Lui negò con decisione anche se non mi convinse”.

Nella stagione successiva, il Milan di Castagner adotta il 3-5-2. Fu il precursore di quel modulo.
“Esatto, un modulo oggi praticato da tanti. Il Milan della stagione ‘82/83 diede spettacolo. Una squadra che avrebbe ben figurato anche in serie A. Arrivammo a sfiorare la semifinale di Coppa Italia e nel Mundialito ‘83 battemmo l’Inter dopo aver messo alle corde la Juve vicecampione d’Europa e il Flamengo di Junior”.
Dopo i primi due gol in maglia rossonera in campionato (contro il Catania di Gianni Di Marzio, nell’ottobre 1983) arrivarono i complimenti di Gianni Rivera.
“Avevo venti anni. – ricorda Chicco Evani – Firmai una doppietta che ci consentì di battere la squadra etnea, neopromossa come noi. Rivera sottolineò la qualità del mio sinistro e i suoi complimenti li conservo ancora con grandissima gioia”.
Qual è stato il primo impatto con Arrigo Sacchi?
“Tremendo. Sacchi non era una persona facile. All’inizio ebbi tante difficoltà anche a causa di un infortunio. In una circostanza, davanti ad un compagno di squadra, mi disse che ero vicino all’essere ceduto. Poi trovai la forma giusta e divenni praticamente titolare fisso nella stagione dello scudetto ‘88. Gianni Brera fece coincidere la svolta del Milan con il mio utilizzo costante sulla fascia sinistra. Sacchi è stato un grandissimo allenatore, ha fatto la storia ma ha trovato una squadra fatta di grandi giocatori e professionisti veri, persone con cervello”.

E’ vera la storia del suo esonero se il Milan non avesse vinto a Verona?
“Durante la settimana quella voce circolò con insistenza. Virdis sistemò tutto al Bentegodi”.
Come definisci Van Basten?
“Lui era classe pura. Impossibile limitarlo”.
A Belgrado il Milan venne salvato dalla buona sorte.
“Senza la nebbia saremmo stati eliminati. Il giorno dopo fu un’altra musica e segnai anche uno dei rigori conclusivi. Da allora cambiò tutto e iniziò un ciclo strepitoso”.
Nell’aprile ’89, metteste alle corde il Real al Bernabeu e tu fosti il migliore in campo con Ancelotti. Cosa vi disse Sacchi?
“Ad inizio partita ci chiedeva di imitare la corsa senza palla di Gordillo. Dopo i 90’ di gioco ebbe solo parole di elogio per noi. Meritavamo di stravincere a Madrid. Saltai la partita di ritorno per un infortunio scaturito da uno scontro in allenamento con un giovane Demetrio Albertini”.
A Tokyo trovasti allo scadere il pertugio giusto contro il Medellin?
“Andai sul pallone e senza dire nulla a Donadoni calciai. Voleva batterla lui la punizione. Feci di testa mia e vincemmo la Coppa Intercontinentale”.
Differenze tra Sacchi e Capello?
“Due ottimi tecnici. Capello aveva in più il fatto di aver giocato ad alti livelli”.

La partita in cui Evani batté il re scorpione René Higuita
Tokio 17 dicembre 1989. Minuto 119’ della finale di Coppa Intercontinentale. L’ultimo giro di lancette prima della lotteria dei rigori. La palla arriva a Marco Van Basten, controllo a seguire, un difensore lo atterra proprio al limite dell’area. Punizione da posizione ottimale: Evani coglie il pertugio giusto per battere il Re Scorpione Higuita e riportare – venti anni dopo – il Milan sul tetto del mondo.

“Ho capito nel tempo – ricorda Chicco Evani – che questa rete ha significato tanto, tantissimo, anche per i tifosi, dato che dopo trentuno anni tutti mi associano a quel gol, a quella notte. Ancora oggi, incontrandomi magari casualmente per strada, mi dicono: ‘Ci hai regalato un sogno, il tuo sinistro ci ha mandati in Paradiso. Grazie Chicco’. Ne sono onorato e fiero. So di aver fatto tanto altro per il Milan di aver dato sempre tutto me stesso ma mi rendo conto che quella notte, quella mia punizione fatata, dall’anima dei tifosi non uscirà più, come se fosse incastonata. Un gol di testa e di cuore. Insostituibile, indelebile”.
Milan – Le stagioni del Piccolo Diavolo
Il libro di chi ha amato il Milan degli anni ottanta. La prima antologia, completa in ogni minimo particolare, sulle stagioni del Milan dal 1980 al 1987. Gli anni del Piccolo Diavolo che hanno forgiato la fede dei veri tifosi rossoneri. Il libro è impreziosito da una serie interviste ai protagonisti di quelle stagioni: Giacomini, Novellino, Piotti, Jordan, Castagner, Gerets, Icardi, Virdis. E ancora: Regina Cremonesi (moglie di Aldo Maldera), Ross Wilkins (figlio dell’indimenticato Rasoio), Gianfranco Taccone (primo tifoso nel Cda del Milan), Averardo Dragoni e Edoardo Bellucci, componenti storici della Fossa dei Leoni, e lo storico rossonero La Rocca. Introduzione di Filippo Galli SCOPRI DI PIU’ SUL LIBRO

Giornalista e milanista Doc, tra i maggiori conoscitori della storia rossonera, è autore di 13 libri sul Milan. Con Storie Rossonere ha pubblicato tra gli altri: Joe Jordan – Lo Squalo del Milan; Le stagioni del Piccolo diavolo; Milan 3000 e il Grenoli. Ha ricevuto il premio Maria Grazia Cutuli nel 2009 e il premio Coni Letteratura Sportiva nel 2011. Più volte nella Top Ten Amazon nella categoria libri di sport.