Ottobre 1981, il Milan inizia il cammino in Mitropa Cup

Dalla città cecoslovacca di Ostrava, contro il Vitkovice, i rossoneri esordirono nella Coppa dell’Europa Centrale.

di Sergio Taccone

Quarant’anni fa il Milan cominciava il cammino nella Mitropa Cup ovvero la Coppa dell’Europa Centrale la cui partecipazione era riservata alle squadre vincitrici nella stagione 80/81 del campionato d B in Italia, Ungheria, Cesoslovacchia e Jugoslavia. L’avventura partì da Vitkovice, sobborgo della città di Ostrava, al confine tra le regioni ceche della Moravia e della Slesia. Un tempo fucina dell’impero austro-ungarico, ai tempi della Cecoslovacchia comunista si guadagnò l’appellativo di “cuore d’acciaio della Repubblica”. Fu qui che il 20 ottobre 1981, allo stadio “Mestsky”, impianto con capienza inferiore ai 13 mila posti, scese in campo il Milan di Gigi Radice.

L’avvio stagionale dei rossoneri non aveva rispecchiato le attese, con un cammino in campionato alquanto stentato. Un solo gol all’attivo (l’autorete di Ferrario nella vittoriosa trasferta di Napoli), uno al passivo (la rete di Virdis nella sconfitta casalinga contro la Juventus) e tre 0-0. Numeri non certo da squadra con ambizioni d’alta classifica.  Bruno Perucca analizzò il primo periodo della stagione rossonera: “Una crisi profonda, il campionato non riavrà, non ancora almeno, il Milan fra le squadre protagoniste. E’ il primo verdetto di una stagione appena iniziata”, affermò Perucca dalle colonne de La Stampa.


Il Milan non aveva iniziato bene in campionato, contava un solo gol all’attivo, tra l’altro un’autorete. Una squadra in crisi che cercava riscatto in coppa. Mister Radice nella formazione iniziale non schierò i due novi innesti Jordan e Moro. Battistini fu chiamato a vestire gli inediti panni di libero vista l’assenza di Franco Baresi alle prese con problemi di salute. Antonelli ed Incocciati le due punte.


Contro il Vitkovice, seconda squadra di Ostrava, meno blasonata rispetto al Banik, Radice propose una formazione senza i nuovi acquisti Moro e Jordan. L’allenatore rossonero presentò Piotti tra i pali, Tassotti e Maldera terzini, Collovati stopper e Battistini nell’inedita veste di libero, considerata l’assenza dell’infortunato Baresi, alle prese con problemi fisici e di salute che lo avrebbero tenuto a lungo lontano dai campi di gioco. Icardi venne impiegato in mediana, sulla fascia destra Pannocchia Buriani, con Novellino e Francesco Romano alle spalle delle punte, Antonelli e Incocciati.

Il Vitkovice, fondato nel 1919, schierava il nazionale Miroslav Gajdusek, trentenne centrocampista offensivo che aveva disputato, nel giugno 1980, la finale per il terzo posto ai Campionati Europei tra Italia e Cecoslovacchia, persa ai rigori dagli azzurri dopo una lunga serie di tiri dagli undici metri. Il rinforzo per affrontare al meglio il ritorno del Vitkovice nel massimo campionato cecoslovacco, arrivato ad Ostrava dopo una lunga militanza nelle file del Dukla Praga dove aveva collezionato 355 presenze e 77 gol. 

La stagione 81/82 del Vitkovice era cominciata nel peggiore dei modi: quattro sconfitte e un pareggio nelle prime cinque giornate, dodici gol al passivo ed appena due all’attivo. Un ruolino di marcia da compagine modesta che cercava la ricerca del giusto assetto.

Antonelli in gol contro il Vitkovice il 20 ottobre 1981

Ai rossoneri bastò un quarto d’ora per sbloccare il risultato. Antonelli, soprannominato “il Cruijff della Brianza”, straordinariamente somigliante a Dustin Hoffmann, girò di testa alle spalle del portiere Havlicek. Sembrò l’inizio di una passeggiata ma il buon avvio di partita si rivelò illusorio. Il Vitkovice reagì con veemenza. Il pareggio di Kusnir, dodici minuti più tardi, scaturì da uno svarione del centrocampo. Inutile l’uscita disperata dai pali di Piotti, battuto dal diagonale del difensore cecoslovacco.

Nella ripresa, Radice dovette rinunciare a Collovati, uscito malconcio dall’infausto terreno di gioco del Mestsky, inserendo al suo posto Joe Jordan. Surclassati a centrocampo, i rossoneri subirono allo scadere il gol della beffa con un dubbio rigore concesso dall’arbitro ungherese Mohaczi. Gajdusek spiazzò Piotti, dando la vittoria ai padroni di casa. Da Ostrava, il Milan tornò con più dubbi che certezze. Il ko contro i dopolavoristi cecoslovacchi acuì le difficoltà di una squadra che già mostrava evidenti difficoltà atletiche. Persino un combattente come Buriani, indicato dal Guerin Sportivo come il migliore tra i rossoneri, si disse “stanco e affaticato”. 

Una storia dimenticata

Vitkovice (o Wiktowitz, secondo la denominazione tedesca) ha un’importanza anche nella storia dell’Italia. Un piccolo villaggio che, dal 1828, diventò uno dei più grandi centri industriali della monarchia Asburgica per la forte presenza di miniere di carbone e acciaierie. Nella Mitteleuropa ebbe un ruolo di primo piano durante la rivoluzione industriale nel XIX secolo.

Negli anni della Prima Guerra Mondiale, tra il 1914 e il ’18, “la produzione fu convertita esclusivamente per gli usi militari: obici, cannoni, proiettili di artiglieria di ogni tipo (compresa la spaventosa granata di mortaio da 420 mm) e gli operai, che andarono quasi tutti al fronte, furono sostituiti perlopiù da donne e prigionieri di guerra: prima russi, serbi e romeni, poi anche italiani provenienti dai campi di concentramento di Sigmundscherberg, Mauthausen, Milowitz”. 

Furono circa duemila i prigionieri di guerra italiani presenti a Witkowitz verso la fine della Grande Guerra. Oltre trecento di essi, sopraffatti da tribolazioni, scarsissima nutrizione e malattie, vennero sepolti in un settore riservato del cimitero locale. Dal 1931, i loro resti sono raccolti in una cripta monumentale appositamente eretta in questo stesso luogo. Il mausoleo, una sorta di “monumento europeo alla memoria”, raccoglie oltre mille caduti di altre nazionalità: russi, polacchi, cechi e slovacchi, ungheresi, austriaci, romeni, serbi. Quella degli italiani sepolti ad Ostrava è una vicenda sepolta dalla storia e dimenticata.