Silvano Ramaccioni, un grande dirigente rossonero

L’ex team manager del Milan ha compiuto 83 anni lo scorso 15 gennaio.  

di Sergio Taccone

Quarant’anni fa, era il 13 maggio 1982, Alberto Cerruti annunciava su La Gazzetta dello Sport il suo arrivo al Milan. “Farina soffia Silvano Ramaccioni al Perugia”. Il giorno prima i rossoneri avevano conquistato la Mitropa Cup battendo a San Siro i cecoslovacchi del Vitkovice. Alla trasferta campale di Cesena, che avrebbe deciso le sorti stagionali del Diavolo, ad un passo dalla retrocessione, mancavano tre giorni. Silvano Ramaccioni, umbro della classe 1939, colto e dal carattere arguto e affabile, grandissimo estimatore di Italo Allodi, sfoggiava enormi baffi solo per distinguersi da Tommaso, suo fratello gemello. Prima del Milan era stato contattato dal presidente romanista Dino Viola. “Farina mi convinse al primo incontro. – racconterà Ramaccioni – Mi disse: lei è permaloso? Sappia che se lo fosse, con me potrebbe avere dei problemi”. 

Il presidente rossonero lo chiamava “buon uomo”. Nel maggio 1982 Farina avrebbe voluto assumere Eugenio Bersellini, togliendolo all’Inter. Ramaccioni firmò il contratto con il Milan alla vigilia della partita di Cesena, quella che, nonostante il successo 3-2 in rimonta, significò retrocessione. Due giorni dopo la presentazione in via Turati 3. Ramaccioni ebbe la possibilità di scegliere l’allenatore: Ilario Castagner, ideale per ripartire dalla B. “E non mi sbagliai”, dirà il dirigente rossonero al Corriere della Sera (A.Costa, I vent’anni di Ramaccioni. Memorie dal mondo Milan, Corriere della Sera, 13/05/2002). 

Il suo marchio identificativo era di tutto rispetto dopo aver soffiato Paolo Rossi alla Juventus qualche anno prima. La carriera di Silvano Ramaccioni nel mondo del calcio comincia nel ’63 dal suo borgo natio, Città di Castello, dove svolge il ruolo di segretario della società calcistica locale per un decennio. Nella stagione 1973/74 diventa direttore sportivo del Cesena che con Eugenio Bersellini si piazza undicesimo, centrando la salvezza nella prima storica annata in massima serie. Conclusa la sua parentesi in Romagna si sposta a Perugia che vince la B con Ilario Castagner (34 anni) allenatore e Franco D’Attoma presidente, approdando nel massimo campionato un anno dopo aver evitato la retrocessione in C per differenza reti. 

Nell’annata 1978/79, il “Perugia dei miracoli” contende il titolo al Milan, chiudendo imbattuto il campionato ma al secondo posto. Prima squadra, nella storia del girone unico, a non subire sconfitte per l’intera stagione. Record eguagliato da Milan (‘91/92) e Juventus (2011/12) ma con l’aggiunta in entrambi i casi della conquista dello scudetto.

Tanti gli aneddoti rivelati da Ramaccioni relativi alla sua lunghissima permanenza rossonera. “Liedholm non andava a dormire se il numero della sua camera d’ albergo, sommandone le cifre, non dava 5. Curava la tecnica con pignoleria. A Brunico, durante un ritiro precampionato, i giocatori dovevano uscire dallo spogliatoio palleggiando. Luther Blissett, invece, a Milanello si piazzava davanti alle vetrate e guardava fuori, chiaramente voleva evadere. Quando il Milan lo acquistò dal Watford, lui ed Elton John, il suo presidente, piansero per un quarto d’ora. Ray Wilkins era invece un vero aristocratico inglese. Lo chiamavamo Wiskins senza che, peraltro, lo avessimo mai visto sorseggiare whisky. Dopo la partita gli piaceva bere birra” (A.Costa, I vent’anni di Ramaccioni. Memorie dal mondo Milan, Corriere della Sera, 13/05/2002). 

Nell’estate 1984 portò Pietro Paolo Virdis al Milan, prelevandolo dall’Udinese. “Il mio segreto era scoprire gli uomini prima che i campioni”. E’ sempre stato convinto che in un ambiente come quello calcistico “bisognava sgonfiare i casus belli senza diventare l’idiota del gruppo”. Al Milan Ramaccioni ha portato la filosofia di un’organizzazione capillare, meticolosa e maniacale. Con tutti gli allenatori del Milan ha avuto ottimi rapporti. Molti suoi pomeriggi e serate sono stati scanditi dalla compilazione della distinta a cui faceva seguito il rito dalla “chiama” dell’arbitro. Un passaggio spesso scandito da scaramanzie (“Capello era il re della scaramanzia”, ha confessato l’ex dirigente umbro). 

Ai tempi di Zaccheroni, ad esempio, la distinta veniva preparava in hotel durante le partite in trasferta e a Milanello quando si giocava a casa. Nel 2019, in occasione del suo ottantesimo compleanno, ha confessato la sua fede milanista di lunghissimo corso (“Da sempre”) e che il successo da lui preferito è la Coppa dei Campioni del 1994, con il 4-0 rifilato al Barcellona di Cruyff in quel di Atene. 

Tra gli amici leali incontrati nel suo cammino milanista ha citato il dottor Monti. “Ha fatto la fortuna del Milan. Vicino a lui ho apprezzato Liedholm che ha lasciato una grande difesa, Sacchi che ha insegnato a giocare in trasferta come in casa, Capello che ha ottenuto il massimo da tutti e Zaccheroni che ha vinto lo scudetto al primo colpo. Tabarez, ottimo allenatore, non meritava di andar via” (Da un’intervista di Alberto Cerruti a Silvano Ramaccioni, pubblicata su La Gazzetta dello Sport il  15/1/2019).       

Detiene un record: quello di dirigente imbattuto in due campionati (1978/79 e 1991/92). Intelligente e razionale, capace a caldo di fotografare la situazione grazie ad una spiccata lucidità, difficilmente gli sfuggiva qualcosa: Silvano Ramaccioni è stato un punto di riferimento per giocatori e allenatori nella sua lunga esperienza al Milan, durata ben trentadue anni, passando dal “Piccolo Diavolo” al Milan magniloquente di Silvio Berlusconi, capace di entrare nella storia del calcio mondiale.