Van Basten, il canto finale del Cigno di Utrecht

Il 26 maggio 1993, a Monaco di Baviera, nella finale di Champions League l’ultima presenza in campo di Marco Van Basten.

di Sergio Taccone

Fabio Capello lo schierò nell’undici titolare della finale di Coppa dei Campioni tra Milan e Marsiglia. Trent’anni fa, Marco Van Basten disputava l’ultima partita della sua carriera. Era il 26 maggio 1993. L’olandese ebbe a fianco Massaro in zona d’attacco, l’ex di turno, Papin, andò in panchina. Diciassette giorni prima, dopo un’assenza di quattro mesi e mezzo, Van Basten aveva riassaporato la gioia del gol, andando a segno di testa contro l’Ancona in quella che fu la sua ultima rete in carriera.

Dei mesi d’assenza rimasero le forti perplessità del dottor Monti, medico sociale del Milan, circa le scelte operate per la riabilitazione del giocatore da parte del suo collega Marti. La caviglia era diventata ipersensibile e si gonfiava dopo ogni urto, con dolori costanti dal dicembre ’92 in avanti.

Per essere disponibile nella finale in terra tedesca, l’olandese dovette sottoporsi ad un’infiltrazione antidolorifica che tolse totalmente sensibilità alla sua caviglia. In quella finale Van Basten toccò pochi palloni. Nell’unica vera occasione, su assist di Massaro, si girò con l’istinto del goleador trovando la pronta risposta del portiere Barthez che negò al Milan il vantaggio.

Poi più nulla: dell’eleganza e della potenza, tratto identificativo del campione di Utrecht, non si vide nulla. Capello lo richiamò in panchina, sostituendolo con Eranio. A pochi minuti dalla fine, con la partita che si avviava al tramonto con la vittoria del Marsiglia di Goethals. L’uscita dal campo fu il “canto del cigno” di Marco Van Basten.

«Non aver vinto una finale europea era qualcosa di totalmente nuovo per noi», ricorderà il fuoriclasse olandese. Dopo la delusione di Monaco di Baviera seguirono mesi di attese, speranze e illusioni, depressione e delusioni, dolori persistenti e pessimismo crescente.

Van Basten in Milan-Goteborg del novembre 1992

Van Basten: l’eleganza nel rettangolo di gioco

«Da quando avevo subito l’operazione, a fine dicembre ‘92, la caviglia e quel dolore sconosciuto avevano catalizzato tutta la mia attenzione. – ricorderà parecchi anni dopo l’ex centravanti dell’Ajax – Eravamo un grande gruppo. Gli anni di Sacchi sono stati anni importanti a livello tattico, con Capello eravamo un po’ più liberi e lui ha lavorato di più sulla mentalità dei giocatori anche perché tatticamente eravamo già a posto. Quello era il Milan più forte, con una difesa piena di stelle e così anche a centrocampo e in attacco. Avevamo i giocatori più forti al mondo in tutti i reparti».

Marco Van Basten ha dispensato perle di rara bellezza durante il suo percorso calcistico. Se l’assolo di Diego Maradona contro l’Inghilterra, nel 1986, è passato alla storia come “il gol del secolo”, la maestosa staffilata al volo del Cigno contro l’Urss, all’Europeo ’88, è stata definita “il più bel tiro entrato in fondo alla rete”. Una rete che rese felici i mendicanti di bellezza in un rettangolo di gioco, per dirla con Eduardo Galeano.

L’olandese ha rappresentato il paradigma dell’eleganza dentro il rettangolo di gioco. Un danzatore classico con il pallone. E’ stato il primo centravanti a vincere tre volte il Pallone d’Oro oltre ai trofei conquistati a iosa durante la sua militanza milanista.

Nell’Empireo calcistico

Nella sua gloriosa parentesi rossonera, Van Basten ha smentito persino le previsioni di un mago quasi infallibile, di cui Nils Liedholm si fidava ciecamente, che nell’estate ’87 lanciò una previsione: “Questo olandese in Italia topperà”. Flop epocale del veggente.

Il giorno dopo la sua presentazione ufficiale, nella sede rossonera di via Turati 3, la Gazzetta dello Sport gli dedicò un articolo secondario, destinando lo spazio più ampio di quella pagina a Vincenzo Scifo, colpo di mercato dell’Inter. Il dottor Vincenzo Pincolini definì l’olandese un potenziale ostacolista di successo, capace di spingere la cyclette con punte di 550 watt.

Citando Paolo Condò, «Van Basten è stato il sogno brevemente realizzato dell’armonia assoluta. L’attimo nel quale il calcio ha smesso di essere arte povera per elevarsi a luogo dell’eleganza». Un fuoriclasse che con eleganza ha portato il Milan sulla vetta del mondo, armonia nella semplicità, elegante in campo come nessuno.

Nell’ultimo cerchio dell’Empireo calcistico, quello dei fenomeni, Marco Van Basten trova posto insieme con Di Stefano, Cruijff, Platini e Ronaldo. Al di sopra di loro soltanto Maradona e Pelè.